Le donne e il mare

07.06.2020

«Lo spettacolo del mare fa sempre una profonda impressione. Esso è l'immagine di quell'infinito che attira senza posa il pensiero, e nel quale senza posa il pensiero va a perdersi.» Queste le sensazioni che provava Madame de Staël davanti alla liquida, azzurra distesa che sembra non aver mai fine.
Ecuba, nelle Troiane di Euripide, dice di conoscere il mare solo attraverso i racconti degli uomini. «Alle donne la terra, agli uomini il mare», si è sempre detto, legando la funzione riproduttiva femminile alla terra, madre feconda di piante, fiori e frutti. La donna nel corso dei millenni è stata associata all'agricoltura, ma quasi mai al mare.
Navi e barche sono state a lungo considerate un dominio maschile. Per secoli, si è creduto addirittura che le donne a bordo portassero sfortuna distraendo i naviganti dalla giusta rotta, un'ancestrale credenza che echeggia il mito delle Sirene.
La Giornata Mondiale degli Oceani, che si celebra l'8 giugno di ogni anno, dà l'occasione di ricordare che il mare è entrato da protagonista nella vita di molte donne che non hanno esitato a imbarcarsi e ad affrontare le onde, pur di abbattere convenzioni sociali e tabù prima ancora che flutti e marosi. Perché l'altra metà del cielo non è anche l'altra metà del mare? È ora di cambiare rotta e di volgere decisamente la prua verso la parità di genere.
Il rapporto d'amore tra la donna e il mare ha origini antiche e rivela sorprese inaspettate. La mitologia greca è ricca di divinità femminili delle acque. In principio era Talassa, la dea primordiale del mare, seguita da un corteo di Nereidi e Oceanine. 

Secoli addietro, le pioniere della navigazione furono costrette ad assumere nomi e abiti maschili per accedere a un mondo esclusivo degli uomini.
Intorno all'anno Mille, una vichinga di nome Freydís Eiríksdóttir, figlia del noto condottiero Erik il Rosso, partì per una spedizione diretta verso il Vinland, probabilmente l'odierna Terranova. Forse c'erano donne a bordo delle caravelle di Cristoforo Colombo, di sicuro la prima traversata atlantica e il primo "sbarco" femminile oltreoceano avvenne con la spedizione del viceré Diego Colón nel 1509. Filippo II di Spagna nel 1595 pose una donna, la peruviana Isabel Barreto, al comando della sua possente armada, una flotta di quattro vascelli diretta dal Perù verso le Isole Salomone, un caso più unico che raro di una donna giovane e coraggiosa al punto da dirigersi verso terre sconosciute alla ricerca di oro e pietre preziose e alla scoperta del quinto continente, l'Australia, che mancò per qualche centinaio di miglia dopo aver solcato l'Oceano Pacifico dal Perù alle Filippine navigando per 20.000 o addirittura 34.000 chilometri. 

Altre "regine dei mari" hanno scritto a grandi lettere il loro nome nella storia della navigazione, come l'irlandese Grace O'Malley, che teneva sotto il suo pugno di ferro migliaia di uomini e al timone di una dozzina di navi osò lanciare il suo guanto di sfida alla potentissima Elisabetta I Tudor. 

Nel XVII e XVII secolo, le donne che sognavano di percorrere i mari non avevano altra scelta che navigare sotto la bandiera dei pirati ed essere uomini in tutto e per tutto. Nella marineria inglese la fecero da padrone Anne Bonny e Mary Read, due figure leggendarie di bucanierele cui gesta ardimentose rimasero a lungo vive nell'immaginario collettivo. 

Quando già l'esploratrice francese Jeanne Baret aveva portato a termine, prima donna al mondo, la circumnavigazione del globo, ai primi dell'800 Ching Shih, trovatasi al comando della più grande flotta pirata di tutti i tempi, 1500 imbarcazioni con a bordo dalle 20.000 alle 40.000 persone tra uomini, donne e perfino bambini, seminava il terrore nel Mar Cinese meridionale tenendo in scacco la marina imperiale dei Qing. 

In anni più vicini a noi, le donne si sono avventurate da sole alla conquista degli oceani. Tra il 1976 e il 1977 la polacca Krystyna Chojnowska-Liskiewicz compiva il giro del mondo in barca a vela percorrendo 31.166 miglia nautiche (57.719 km) in 401 giorni.

L'impresa fa da pendant con l'australiana Jessica Watson, che nel 2010, tre giorni prima di compiere diciassette anni, concluse la circumnavigazione dell'emisfero sud in solitaria dopo 210 giorni di viaggio,
Non meno coraggiose, le maratonete dei marosi macinano miglia su miglia in balia di correnti e ondate imprevedibili: sono bracciate che fanno storia attraverso il canale della Manica o lo stretto di Gibilterra, o il difficilissimo braccio di mare tra Ohau e Molokai nelle isole Hawaii.
Sebbene in ritardo rispetto ai colleghi maschi, nel XX secolo le donne si sono aperte un varco nel mondo dell'oceanografia, sulle orme della biologa marina statunitense Mary Sears,direttrice del Naval Oceanographic Office, e della franceseSimone Melchior, più nota come Madame Cousteau, per quaranta anni a bordo della nave-laboratorio "Calypso".

A conferma della loro vocazione marinara, le donne compiono prodezze indescrivibili. Eugenie Clark, la Signora degli squali, cavalca sul dorso di uno squalo balena di 15 metri e fa l'ultima immersione subacquea a 92 anni. L'oceanografa Sylvia Earle, Her Deepness, Sua Profondità, colleziona più di 7000 ore di immersioni e nel 1979 cammina sul fondo marino a -381 metri, stabilendo il record per la massima profondità mai raggiunta da un essere umano senza sommergibile. Jill Heinerth, un'eroina delle immersioni speleologiche, nel 1998 è la prima persona al mondo a sprofondare nelle grotte di ghiaccio dell'Antartide, e nel 2000 è il primo essere umano a calarsi all'interno di un gigantesco iceberg.
Angela Bandini il 3 ottobre 1989 ottiene il record mondiale assoluto prima mai raggiunto da un essere umano in apnea: 107 metri di profondità. Passano trent'anni e Il 2019 incorona Alessia Zecchini regina incontrastata degli abissi con i suoi 113 metri di profondità toccati in assetto costante con monopinna.
L'ardimento delle donne non conosce limiti. Spericolate amazzoni marine cavalcano gigantesche muraglie d'acqua, le big waves, alte come una casa. «La cosa che mi piace di più scendendo da un'onda è sentire la potenza e l'energia dell'oceano» dice Justine Dupont, orgogliosa di "domare" onde da brivido. La brasiliana Maya Gabeira nel 2009 surfa un'onda di 14 metri e, non contenta, nel 2018 ne sfida una alta oltre venti metri, registrata nel Guinness dei primati come l'onda più alta mai cavalcata da una surfista donna.
Ma il rapporto delle donne con il regno di Nettuno non è fatto solo di avventure mozzafiato. C'è un esercito anonimo di contadine del mare, ragazze, giovani e meno giovani che tornano a riva con le reti e le imbarcazioni traboccanti di pescato. Più di 100.000 donne lavorano nel settore della pesca all'interno dell'Unione europea. La percentuale femminile più alta, fino al 70%, si registra nell'acquacoltura. Fin dal 2000, nel porto di Palermo le donne caricano e scaricano camion e container anche in piena notte. In India, lungo la costa di Ramanathapuram, sul Golfo del Bengala, duemila donne per lo più di mezza età si tuffano in alto mare per raccogliere le preziose agar agar, alghe rosse da cui estraggono un dolcificante naturale.

In Giappone, da 5000 anni le ama, pezzi di storia vivente, dall'età media di 62 anni, si immergono in apnea alla ricerca di perle e crostacei, restando sott'acqua anche per più di un minuto. Intramontabili sirene, le ultracinquantenni Haenyeo a Jeju, una cinquantina di isolette della Corea del Sud, da centinaia di anni scendono fino a trenta metri di profondità in acque infestate da meduse e squali, senza bombole e senza maschere di ossigeno, e riescono a trattenere il respiro per più di tre minuti. 

Con i numerosi soffitti di cristallo abbattuti, i "timoni rosa", le donne al comando di mega navi da crociera, non sono più un miraggio. Sul ponte di comando troneggiano impeccabili signore in divisa. È un cammino recentissimo, inaugurato nel 2007 dalla svedese Karin Stahre-Jansen, prima donna ufficiale comandante di una città galleggiante, la Monarch of the Seas, capace di 2.400 passeggeri e 850 membri di equipaggio. Una giovane in carriera che fa da battistrada, fra le tante, alla nostra Serena Melani, prima donna italiana a comandare, nel 2016, una nave da crociera, la Seven Seas Mariner con 700 passeggeri e 400 membri di equipaggio.
Sono circa 1.700 le donne arruolate nella Marina militare italiana, ma ne saranno presto molte di più visto il gran numero di ragazze che chiedono di entrare nell'Accademia Navale di Livorno con la prospettiva di una brillante carriera. Nel 2006, a soli 24 anni, Silvia Di Siervi, fuciliera dei Lagunari, diventa la prima donna marine italiana. È uno degli ultimi tabù a cadere. Il 19 giugno 2013, la tenente di vascello (attualmente il grado più elevato raggiunto da una donna) Catia Pellegrino, classe 1976, è la prima donna chiamata a comandare una nave militare, la "Libra".
Nel 2010 gli Stati Uniti, seguiti dalla Gran Bretagna, "varano" le prime sommergibiliste al mondo. Nel 2014 sette giovanissime militari italiane sono arruolate in un sommergibile della Marina Militare. Per il 2025 una di loro potrebbe realizzare il sogno di comandare un sottomarino.
Una "favola" azzurra è il mare. Il 31 marzo 2019 due "spose" del mare, Rosa Maria Mogavero, tenente di vascello comandante di una nave militare,ela maresciallaLorella Cipro, consacrano in divisa, a La Spezia, il loro sposalizio civile. La loro storia d'amore personale e con il mare fa venire in mente le parole di Gertrude Ederle, la prima donna al mondo ad attraversare a nuoto la Manica nel 1926: «Per me, il mare è come una persona, come un bambino che ho conosciuto per un lungo periodo di tempo. Sembra pazzesco, ma quando nuoto io col mare ci parlo. Non mi sento mai sola quando sono là, tra le onde.»

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