LE DITA IN GOLA
Monologo di un'anoressica
Una ragazza con un golfino amaranto e un paio di jeans, di quelli tutti strappati, alta sul metro e 70, ma terribilmente smagrita (avrà sì e no vent'anni ma ne dimostra molti di più) va e viene tra il lavandino della cucina e il bagno. La ragazza parla da sola però dà l'idea di rivolgersi a qualcuno (uno psicanalista oppure la faccia nascosta del proprio io oppure un familiare assente), di tanto in tanto si ferma come ad aspettare una risposta.
Tutta la conversazione-monologo, che porta alla luce un vissuto quotidiano non accettato e uno stato d'animo di profonda frustrazione, è interrotta continuamente dal gesto diventato abituale di cacciarsi le dita in gola per vomitare anche se in realtà non ha niente da vomitare perché è da giorni che non tocca cibo e a malapena riesce a mandar giù di tanto in tanto un sorso d'acqua, quanto basta per la sopravvivenza.